Citrobacter: coliformi totali – inquinamento acqua potabile

1 Settembre 2020

E’ di inizio settembre la tragica conferma che la triste vicenda delle morti nel reparto di neonatologia in Veneto è da attribuire alla presenza di colonie di Citrobacter nell’acqua potabile utilizzata nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale di Borgo di Trento, in provincia di Verona.

Una lunga e dolorosa scia di decessi e di gravi menomazioni dovute alla presenza di un batterio della famiglia dei coliformi nell’acqua dell’ospedale.

La notizia è decisamente brutta e non deve essere utilizzata per il classico torna conto di spaventare il consumatore per poi proporgli soluzioni a volte inutili.  E’ però importante circoscrivere e descrivere la triste vicenda da un punto di vista tecnico, per inquadrare le variabili presenti.

Non sono presenti dati sulla carica batterica presente nell’acqua dell’ospedale, solo il nome dell’agente patogeno: il Citrobacter, della famiglia dei coliformi. Il Citrobacter nello specifico fa parte del sotto gruppo dei Coliformi fecali, ossia dei  batteri presenti all’interno dell’intestino degli animali a sangue caldo.

Come il Citrobacter sia arrivato e si sia sviluppato nel reparto di neonatologia al momento non è noto.  Una grave mancanza da parte della struttura ospedaliera è stato l’utilizzo di acqua potabile, in un ambiente critico, nello specifico un reparto di terapia intensiva, non ponendosi nessuna domanda sul concetto di potabilità e il rischio, che anche se dichiarata potabile, di una  possibile la presenza di una carica batterica.

Acqua di rete e carica batterica, l’esperienza insegna

Noi che lavoriamo da anni nel settore del trattamento dell’acqua potabile ben sappiamo che non sempre i valori dell’acqua di rete, soprattutto dopo il POE, ossia dopo il contatore principale, sono a zero, anzi… Avremmo mille aneddoti, a volte anche ridicoli per descrivere la situazione, uno su tutti:  in un famoso e quotato laboratorio di analisi e certificazione, i dati di test su filtri made in USA erano del tutto fuori dalla norma, dopo 48 h la carica batterica era oltre i 30.000 UFC a 37°C, dopo lo sgomento e l’arrabbiatura del committente statunitense, nel laboratorio individuarono l’origine del problema nell’acqua utilizzata per i test.  Invece di acqua sterile utilizzavano (per spendere meno) l’acqua del rubinetto, che una volta misurata indicava una carica in ingresso di oltre 200 UFC.  In assenza di cloro, rimosso dal filtro, la crescita era esponenziale e dopo 48 ore il dato era esplosivo..

Il conteggio delle colonie di coliformi totali, come previsto dal DL 31/2001 non ha lo scopo di individuare ceppi batterici potenzialmente pericolosi,  ma indica, se i valori sono positivi, la contaminazione con materiale estraneo e la presenza di biofilm. E’ un parametro indicatore del cattivo stato della rete distributiva nel suo complesso.  Il valore, se persiste dopo una sanificazione, indica una manutenzione insufficiente.

La ricerca dell’Escherichia Coli purtroppo non intercetta direttamente  la presenza del Citrobater, ma funge da indicatore di un inquinamento recente da materiale organico di animali a sangue caldo. E’ un parametro “pesante” in quanto indicatore di un possibile più ampio inquinamento di carattere batterico e virale e quindi potenzialmente patogeno.

Quando operiamo in settori delicati, quali ad esempio le case di cura, dobbiamo fare bene attenzione che i sistemi di trattamento dell’acqua potabile riducano e non amplifichino il rischio di epidemie idrodiffuse.  Esempio, se il sistema di filtrazione non prevede un dispositivo di abbattimento della carica batterica, la rimozione del cloro, facilita la crescita e lo sviluppo di colonie batteriche potenzialmente pericolose.

Filtri con membrana, argento in forma ionica, debatterizzatori a raggi UV sono tutti consigliati vivamente.

Un’altro punto fermo è il tema della pulizia e della sanificazione periodica: non ci stancheremo mai di ripeterlo, il mondo del trattamento dell’acqua potabile, a maggior ragione, dopo la rimozione della cloro copertura con i nostri filtri, necessita di sanificazione periodica, per la rimozione di Biofilm, e la pulizia dei condotti.

Senza nessuna volontà di creare inutili allarmismi, il tema dell’acqua destinata al consumo umano non va preso sottogamba. I professionisti del settore trattamento acqua devono essere ben consapevoli che dietro ogni azione c’è un potenziale rischio per la salute umana. Quando operiamo in settori dove sono presenti soggetti immunodepressi il livello di rischio aumenta e a maggior ragione deve aumentare l’attenzione.