Sottoprodotti di disinfezione e acqua potabile

17 Febbraio 2017

TRIALOMETANI E CLORITO: aspetti tossicologici e presenza nelle acque

L’importanza della disinfezione

Le malattie infettive provocate da batteri, virus, protozoi patogeni e da parassiti costituiscono ancora il più comune e diffuso rischio per la salute associato al consumo di acqua da bere. Questa problematica, praticamente inesistente oggi nei paesi industrializzati, rappresenta la prima causa di malattia e di morte in molte zone del mondo. Recenti dati (WHO, 2012) evidenziano la gravità della situazione: oggi al mondo circa 800 milioni le persone vivono senza acqua potabile e sono oltre 3 milioni quelle che, nei Paesi in via di che sviluppo, muoiono per malattie indotte dal consumo di acqua non potabile o indotte dall’inefficienza o l’assenza della rete fognaria.

Fig.1 Mappatura delle aree del pianeta con differente disponibilità di acqua potabile [1]

Nelle acque superficiali la contaminazione microbica è praticamente sempre presente, anche nelle acque sotterranee, seppur più protette dall’ambiente esterno, possono essere presenti batteri patogeni, derivanti da infiltrazioni di varia natura (es. scarichi fognari). Spesso il terreno non costituisce una barriera sufficientemente protettiva per le acque che si trovano nel sottosuolo, e anche molte sorgenti di montagna apparentemente di ottima qualità ma non sufficientemente protette possono presentare inquinamenti prodotti dall’ambiente esterno, infatti in natura un’acqua sicura dal punto di vista microbiologico è una risorsa rara. La scoperta delle cause delle problematiche igieniche legate all’acqua è storia recente, si risale al XIX secolo e più precisamente al 1854 quando in Inghilterra, il medico John Snow evidenziò per la prima volta il rischio di infezioni alla qualità microbiologica delle acque. Con i lavori di Pasteur, Koch, Lister, Semmelweiss e altri studiosi si sviluppò il concetto di inquinamento microbiologico e con esso la presa di coscienza delle modalità di sviluppo di molte malattie contagiose. In quegli anni nacquero le prime tecniche di potabilizzazione. Il cloro fu utilizzato per la prima volta come agente disinfettante dell’acqua destinata all’uso potabile nel 1896, a Louisville (USA), in abbinamento ad un trattamento di filtrazione lenta su sabbia.

La formazione di sottoprodotti

Dalla fine del XIX secolo vennero messe in pratica diverse tecniche di potabilizzazione e utilizzati vari tipi di disinfettanti (anche se quelli a base di cloro sono sempre stati e sono tuttora i più diffusi), ognuno con diverse caratteristiche ed efficacia. Bisognerà arrivare al 1974 per accorgersi che le acque sottoposte a trattamento di clorazione contengono alcune sostanze estranee: i sottoprodotti della disinfezione, tecnicamente denominati DBPs (Disinfection By Products)[2]. Da quel momento ad oggi gli studi per la ricerca dei sottoprodotti nelle acque hanno permesso di identificarne un numero elevatissimo, oltre 600 (soltanto il cloro è in grado di formarne centinaia), delle quali tuttavia circa il 70% rimane indeterminato[3].

Fig.2 Suddivisione dei DBPs in classi

 

I fattori che influenzano la formazione di sottoprodotti sono molteplici, i principali:

Ogni disinfettante causa la formazione di sottoprodotti, nella seguente tabella 1 si riportano i principali:

Disinfettante Sottoprodotti di natura organoalogenici Sottoprodotti di natura inorganica Sottoprodotti di natura non alogenica
cloro (Cl2)
acido ipocloroso (HOCl)
Trialometani, acidi acetici alogenici, aloacetonitrili, cloro idrato, cloropicrina, clorofenoli, N-clorammine, alofuranoni, bromoidrine clorato Aldeidi, acidi alcanici, acidi carbossilici
biossido di cloro clorito e clorato
clorammine aloacetonitrili, cianoclorina, cloro ammine organiche, cloroidrati, alochetoni nitrito, nitrato, clorato, idrazina aldeidi, chetoni
ozono bromoformio, monobromina acido acetico, dibromina acido acetico, dibromina acetone, ciano bromina clorato, iodato, bromato, perossido di idrogeno, acido ipobromoso, epossi, ozonati aldeidi, chetoni, chetoacidi, acidi carbossidilici

Tab.1 Sottoprodotti generati da vari disinfettanti

 

In Italia il cloro e i prodotti a base di cloro sono sicuramente i disinfettanti più utilizzati in ambito acquedottistico; uno studio[4] evidenzia le seguenti percentuali: sodio ipoclorito(NaClO) (57%), biossido di cloro(ClO2) (33%), ozono(O3) (3%), UV (3%), cloro gas(Cl2) (2%), calcio ipoclorito(Ca(ClO)2) (1%), permanganato di potassio(KMnO4) (1%). Negli ultimi anni c’è stata una progressiva sostituzione del biossido di cloro con l’ipoclorito di sodio, gli ultravioletti hanno preso più campo mentre il cloro gas è praticamente scomparso dall’ambito acquedottistico; il permanganato di potassio viene ancora usato come ossidante, così come l’ozono ma in maniera contenuta, mentre le cloroammine non vengono praticamente utilizzate nel nostro Paese.

I sottoprodotti generati dagli ipocloriti e dal biossido di cloro

Tralasciamo quindi l’azione e gli effetti dell’ozono, del permanganato di potassio, delle clorammine e degli UV, per concentraci sui meccanismi di disinfezione degli ipocloriti e del biossido, tra i cui principali sottoprodotti ci sono i trialometani (THMs) e il clorito, normati dalla legislazione nazionale. La famiglia dei trialometani comprende un folto numero di sostanze, tra le quali le principali sono quattro: cloroformio, bromoformio, clorodibromometano e bromodiclorometano.

Gli ipocloriti, siano essi di sodio (di gran lunga più usati) o di calcio, hanno la caratteristica di generare in acqua l’acido ipocloroso che ha un forte potere disinfettante (molto influenzato dal pH), ma interagendo con la materia organica naturalmente presente nell’acqua (o apportata da agenti esterni come ad esempio i bagnanti nelle piscine), genera i trialometani.

Il biossido di cloro (generato per reazione in situ tra clorito di sodio e acido cloridrico) invece non interagisce con la materia organica ma per dismutazione si generano cloriti e clorati.

NaClO + H2O ↔ HClO + NaOH chimica dell’ipoclorito di sodio in acqua
Ca(ClO)2 + H2O ↔ 2HClO + Ca(OH)2 chimica dell’ipoclorito di calcio in acqua
5NaClO2 + 4HCl = 4ClO2 + 5NaCl + 2H2O reazione per la sintesi del biossido di cloro
2ClO2 + 2OH → H2O + ClO2+ ClO3 chimica del biossido di cloro in acqua

Il clorito[5] è comparso nelle acque di acquedotto quando si è deciso di sostituire il sodio ipoclorito con il biossido di cloro negli impianti di disinfezione e postclorazione. Il diossido di cloro subisce spontaneamente (per la parte che non reagisce con gli inquinanti batterici) una decomposizione chimica, detta dismutazione, che porta necessariamente alla formazione dello ione clorito, che quindi è un inquinante “obbligato”. Nonostante il clorito sia una sostanza nota ormai da alcuni decenni, la sua comparsa più recente rispetto ai ben noti trialometani gli è valso l’appellativo di inquinante emergente[6].

La tossicità[7]

I THMs e il clorito sono sostanze tossiche, tutti gli studi lo hanno provato. Gli studi sugli animali (test di tossicità acuta, subacuta, cronica e di cancerogenesi) e i test di mutagenicità (su microrganismi, cellule e organismi) hanno evidenziato vari livelli di tossicità per le singole sostanze; anche gli studi epidemiologici condotti sulla popolazione hanno sempre mostrato la correlazione tra l’insorgenza di patologie e l’assunzione prolungata di acqua clorata, ma in questi casi le valutazioni sono più complesse in quanto l’acqua che beviamo non contiene mai un unico specifico sottoprodotto bensì un mix di queste sostanze. Ad oggi gli studi hanno dimostrato[8] che esiste un rapporto tra l’assunzione di sottoprodotti clorurati nell’acqua potabile e l’insorgere di cancro alla prostata, all’intestino e al retto. Altri studi hanno evidenziato un’associazione tra esposizione ai sottoprodotti della disinfezione e disturbi alla nascita, in particolare al cuore, al sistema respiratorio e al tratto urinario dei neonati. Il consumo di acque disinfettate con biossido di cloro ha evidenziato effetti sulla salute dei neonati, con un significativo aumento di nascite premature e peso inferiore alla media.

Nonostante questi dati possano sembrare allarmanti, va precisato che l’alternativa, ovvero il non disinfettare l’acqua, è ben più pericolosa e non praticabile.

L’utilizzo di un disinfettante rispetto ad un altro dipende dall’impiego che se ne deve fare, dai volumi in gioco, ovvero dall’economia di scala e dal tipo di acqua da trattare. In linea di principio il migliore disinfettante è quello che coniuga il più elevato potere germicida alla minore formazione di sottoprodotti, considerando anche l’alterazione organolettica prodotta. Seppure non esista un agente disinfettante che allo stesso tempo sia efficace e non generi controindicazioni in termini di sottoprodotti o alterazione del gusto, non si deve credere che sia meglio non trattare l’acqua: l’Organizzazione Mondiale della Sanità è chiara in merito, affermando che il rischio per la salute associato ad un possibile inquinamento microbiologico è ben maggiore rispetto a quello di bere acqua contenente tracce di sottoprodotti della disinfezione (per i quali sono stabiliti limiti di concentrazione[9].

Fig.3: La disinfezione delle acque: un compromesso tra sicurezza microbiologica e rischio chimico indotto dai sottoprodotti

 

THMs e clorito nelle acque: presenza e tecniche di rimozione

A differenza di quanto avviene per la maggior parte degli inquinanti, siano essi di origine naturale o di natura antropica, che possono trovarsi negli alimenti e quindi essere assunti quotidianamente con la normale assunzione dei cibi, ma anche attraverso l’aria che respiriamo, i trialometani e il clorito sono sostanze che si generano dalla disinfezione dell’acqua rispettivamente con gli ipocloriti e il biossido di cloro, pertanto è l’acqua così trattata l’unica fonte di assorbimento per queste sostanze tossiche.

 

Il migliore tecnica per contenere la formazione dei sottoprodotti è la prevenzione, che consiste nella rimozione dall’acqua della maggior quantità possibile di materia organica prima di applicare la disinfezione. Questo accorgimento va applicato in ambito acquedottistico. Oltre ai classici metodi chimico-fisici impiegati negli impianti di potabilizzazione alcuni gestori hanno trovato vantaggi dall’utilizzo di tecniche di micro-ultra e nanofiItrazione: un miglioramento del livello igienico-sanitario grazie alla rimozione dei precursori senza l’aggiunta di prodotti chimici.

I filtri a carbone attivo rimuovono i sottoprodotti della clorazione, quindi come trattamento finale di potabilizzazione migliorano la qualità dell’acqua, ma l’azione del disinfettante prosegue anche dopo l’impianto: la cloro copertura assicura la sicurezza microbiologica sino al punto di consegna, ma l’aumento di sottoprodotti nel tratto che separa l’acquedotto dal punto d’uso è inevitabile.

I sistemi di trattamento domestico applicati al punto d’uso rappresentano quindi la migliore soluzione per la problematica dei sottoprodotti della disinfezione. Risultano efficaci le tecnologie di separazione a membrana ma anche i più semplici filtri a cartuccia contenenti carbone attivo, comprese le caraffe filtranti.

Un’ultima considerazione per quanto riguarda la preparazione di cibi e bibite. In cucina le acque clorate possono alterare il gusto delle pietanze e delle bevande, tuttavia la cessione di materia organica da parte degli alimenti, interagendo con il cloro presente nell’acqua di acquedotto, può favorire la formazione di nuovi sottoprodotti alterandone anche la composizione chimica. E’ il caso del the e del caffè, che non dovrebbero quindi mai essere preparati con acque clorate.

Fig.4: Il rilascio in acqua di sostanze organiche da parte del the e del caffè, combinandosi con il cloro presente nell’acqua, da origine a un mix di sottoprodotti la cui natura è per gran parte ignota

Limiti di concentrazione

Il seguente elenco riporta i limiti di concentrazione per THMs e clorito nell’acqua previsti dai più importanti riferimenti normativi nazionali ed internazionali:

LEGISLAZIONE THMs (microg/L) CLORITO (microg/L)
OMS[10] 60 700
EPA[11] 80 1000
Direttiva 98/83[12] 100
D.Lgs 31/2001[13] 30 700
D.M. 10 febbraio 2015[14]

Tab.2 Limiti di concentrazione

Le acque minerali naturali, non essendo sottoposte a trattamenti di disinfezione, non contengono sottoprodotti, che per questo motivo non vengono contemplati dalla normativa. Un’eccezione viene fatta per quelle sottoposte a trattamento con aria arricchita di ozono, in questo caso ci può essere la formazione di bromati e di bromoformio, che vengono ammessi rispettivamente con concentrazioni di 3 e 1 microg/L.

 


[1] Rapporto WHO 2012
[2] In quell’anno Bellar evidenziò la presenza di cloroformio nell’acqua potabile proveniente dagli impianti di depurazione dell’acqua del fiume Ohio, sostanza che non era presente nell’acqua prima della potabilizzazione e Rook (Rotterdam Water Work) segnalò la presenza di trialometani nelle acque sottoposte a trattamento di clorazione
[3] Nationwide Occurrence Study, Krasner et al., Environ. Sci. Technol. 2006, 40, 7175-7185.
[4] Federgasacqua, 2001
[5] Per approfondimenti si rimanda alla lettura del testo”State of Science of Chlorine Dioxide in Drinking Water” edito da Water Research Foundation e Fondazione AMGA, 2009
[6] Vincenzo Riganti “Potabilizzazione delle acque: inquinanti emergenti. Considerazioni normative” Folium, anno 2014 – Numero 4
[7] Per approfondimenti si rimanda agli atti del recente convegno internazionale “DBP 2014 – Disinfection By Products in drinking water”, tenutosi a Mülheim an Ruhr, Germany il 27-29 ottobre 2014
[8] Giorgio Moretti – Università degli Studi di Padova “Valutazione dei rischi e dei benefici derivanti dal trattamento delle acque destinate al consumo umano”
[9] Giorgio Temporelli “Acqua: sai cosa bevi?” Il Pensiero Scientifico Editore, 2014
[10] Organizzazione Mondiale della Sanità
[11] Agenzia per la Protezione Ambientale Americana
[12] Direttiva Europea riguardante la qualità delle acque destinate al consumo umano
[13] Decreto Legislativo nazionale riguardante la qualità delle acque destinate al consumo umano, recepimento della   Direttiva Europea 98/83
[14] Decreto Ministeriale nazionale riguardante la qualità delle acque minerali naturali