News 02 2015 Cromo e acqua potabile

17 Febbraio 2017

CROMO: aspetti tossicologici e presenza nelle acque

La tossicità

Ruolo e presenza nell’organismo

Come per altri metalli (ferro, rame, manganese, nichel, ecc) anche la presenza di cromo nell’organismo è considerata essenziale, essendo questo elemento indispensabile per alcuni processi metabolici. In quanto elemento necessario alla vita la sua presenza nell’organismo deve essere assicurata da un adeguato apporto di nutrienti[1]. Prima di analizzare il ruolo che questo elemento, in termini di biodisponibilità, carenze ed eccessi ha nell’organismo umano, è importante precisarne i diversi significati fisiologici delle differenti forme ioniche con cui comunemente si trova: quella bivalente Cr(II) (cromoso) che è basico, quella trivalente Cr(III) (cromico) che è anfotero e quellaesavalente Cr(VI) (cromato) che è acido. Tra i diversi stati di ossidazione quello con cui si presenta più frequentemente in natura è il trivalente, più stabile e quindi più diffuso e meno pericoloso (in questa forma è negli alimenti), a differenza della forma esavalente altamente tossica e di origine antropica. La forma bivalente è poco diffusa perché essendo un forte riducente viene rapidamente ossidata al più stabile stato Cr(III), sia dall’ossigeno dell’aria sia dalla stessa acqua in ambiente acido.
La differente tossicità deriva quindi da meccanismi cellulari che discriminano le forme trivalente ed esavalente: il Cr(III) non è in grado di superare in quantità significative le membrane cellulari, mentre il Cr(VI) viene trasportato attivamente all’interno delle cellule attraverso i canali anionici, prevalentemente come ione cromato (CrO42-), dove viene rapidamente ridotto generando numerose alterazioni molecolari e strutturali (vedi fig.1)[2].

Cromo assunzione

Fig.1 meccanismo di tossicità del Cr(VI) a livello cellulare

Benchè le normative in vigore per le acque destinate al consumo umano e le acque minerali naturali non facciano particolari distinzioni tra le due forme ioniche, dando generalmente indicazioni solo sulla concentrazione massima ammissibile per il cromo totale (50 microg/L), è sicuramente la forma esavalente la più impattante sulla salute umana e pertanto è quella a cui si deve porre maggiore attenzione. Questo aspetto viene contemplato dalla normativa ambientale (vedi paragrafoIl cromo nelle acque: presenza e tecniche di rimozione”), la quale prevede oltre alla concentrazione massima di cromo totale nelle acque sotterranee, anche quella per il cromo esavalente.
Il cromo esavalente è considerato altamente tossico e, sulla base di evidenze sperimentali ed epidemiologiche è stato classificato dalla IARC (International Agency for Research on Cancer) come cancerogeno accertato per l’uomo (classe I).
L’apparato respiratorio rappresenta il principale bersaglio dell’azione tossica e cancerogena del Cr(VI); l’esposizione professionale, acuta e cronica, avviene soprattutto per assorbimento mediante inalazione. È stato dimostrato che l’esposizione a Cr(VI) è una delle possibili cause di tumore al polmone. L’ingestione sarebbe invece meno critica in quanto stomaco ed intestino hanno un’alta capacità riducente.
L’assorbimento del cromo è favorito dalla presenza di aminoacidi, acido ascorbico, ossalato e amido mentre viene contrastato dagli zuccheri semplici (glucosio, fruttosio, saccarosio) e dai fitati; in ogni dopo l’assorbimento, che avviene in ogni caso in quantità molto modeste (0,5-2%), si distribuisce nell’organismo non avendo alcun organo o tessuto specifico funzionante da deposito.
In dietetica il Cr(III) ha assunto un notevole interesse in quanto interviene, favorendoli, i processi di dimagrimento attraverso vari processi: la regolarizzazione dei livelli di zucchero nel sangue, un calo del senso di fame, lo stimolo dell’attività metabolica, il potenziamento della funzione dell’insulina, alterazione del metabolismo dei carboidrati, delle proteine e dei grassi, aspetti questi che concorrono nel favorire la tonicità e l’aumento della massa muscolare ed il contemporaneo smaltimento dell’adipe accumulato nel corpo.
La carenza cronica di questo oligoelemento provoca squilibri nel metabolismo che, tendenzialmente, diventa più lento e per questo favorisce l’incremento del peso corporeo; gli zuccheri ingeriti trovano una maggior difficoltà nell’utilizzo e per questo vengono in gran parte accantonati come riserva con un ulteriore aumento del rischio di sovrappeso.
Nel nostro organismo sono presenti circa 6 mg di cromo.

Le fonti di assorbimento

Come per ogni elemento le fonti di assorbimento sono molteplici, generalmente una combinazione tra gli apporti provenienti dall’ambiente, dagli alimenti e dall’acqua.

Ambiente

Il cromo è un elemento ubiquitario in natura, generalmente presente nella forma trivalente ed in forma minore in quella esavalente, quest’ultima quasi totalmente derivata da attività antropiche. Seppur presente principalmente nelle rocce basiche il cromo risulta essere diffuso su tutta la crosta terrestre con concentrazioni comprese tra 80 e 200 ppm, a seconda della localizzazione geografica. Altre sorgenti naturali di cromo sono le emissioni vulcaniche ed il ciclo biologico: i grandi incendi di foreste e le eruzioni vulcaniche sono in grado di modificare la concentrazione di cromo nell’aria.
Anche alcuni processi industriali concorrono all’immissione nell’ambiente di cromo. Le centrali a carbone, a olio combustibile e i termovalorizzatori lo rilasciano in atmosfera, anche se i moderni impianti sono dotati di efficienti sistemi di filtrazione che consentono di contenere moltissimo l’inquinamento. A livello industriale i cromocomposti intervengono in vari processi di sintesi organica, nei reagenti per analisi, nella preparazione di farmaci, adesivi, inchiostri, vernici, nelle concerie e nell’industria metallurgica delle leghe dove il processo di cromatura viene applicato per fini decorativi e miglioramento della resistenza alla corrosione.

Alimenti
Gli alimenti che contengono la maggior concentrazione di cromo sono le nocciole, il tuorlo dell’uovo, alcune carni, i vegetali ed i formaggi. L’apporto con la dieta può essere significativo e generalmente è sufficiente a coprire i 33 microg/die, che si ritiene siano l’apporto minimo necessario per soddisfare le normali esigenze fisiologiche, di contro si conviene che non sia opportuno superare il quantitativo complessivo di 250 microg/die[3]. Di seguito una tabella con le concentrazioni in alcuni generi alimentari[4]:

Alimento Contenuto di cromo (µg/100 g)
 Cozze 128
Noci del brasile 100
Ostriche 57
Datteri (essiccati) 29
Pere 27
Gamberetti 26
Farina integrale 21
Pomodori 20
Funghi 17
Broccoli 16
Orzo (integrale) 13
Nocciole 12
Braciola di maiale 10
Mais (integrale) 9
Tuorlo 6
Manzo 3
Aringhe 2

Tab.1 presenza di cromo in alcun i generi alimentari

Anche le acque possono essere una fonte di cromo; in questi casi esso può avere origine antropica (ad es. attività dell’industria galvanica) e naturale, le acque di falda si possono infatti arricchire di questo metallo durante l’attraversamento di rocce composte di silicati ferro-magnesiaci, peraltro scarsamente solubili.

Il CROMO nelle acque: presenza e tecniche di rimozione

Il cromo nelle acque provenienti dall’acquedotto è generalmente presente con concentrazioni modeste e non rappresenta un problema per la salute umana. Le fonti di approvvigionamento non superano normalmente le concentrazioni di alcuni microg/L a parte quelle in aree interessate da specifiche attività industriali, che non dovrebbero però essere utilizzate come fonti idropotabili. Il D.Lgs 152/06[5] in merito alla qualità delle acque sotterranee specifica che il valore di cromo totale ammesso è 50 microg/L, dei quali però solo 5 microg/L possono essere di Cr(VI).
La situazione peggiora ed è sicuramente più grave nel tratto domestico, dove la principale fonte di contaminazione va ricercata nella superficie cromata di rubinetti, valvole e raccordi metallici utilizzati nel tratto interno della tubazione.
Molteplici sono i fattori che concorrono nel rilascio di materiali metallici da parte delle condutture: la composizione e le proprietà superficiali del materiale; il numero delle connessioni e delle installazioni; il rapporto superficie/volume; la disposizione nel sistema di distribuzione; le caratteristiche chimico-fisiche dell’acqua; la velocità di flusso. Il pH e l’alcalinità sono i fattori che influenzano maggiormente la corrosione e il rilascio di elementi dai materiali che compongono i sistemi di distribuzione.
In ogni caso la presenza di ioni metallici in acqua è sempre correlata al suo tempo di residenza nelle tubazioni, infatti nelle acque che ristagnano per un lungo periodo nelle condutture (dopo giorni di vacanza o più semplicemente dopo una notte) le concentrazione di metalli pesanti risultano essere molto elevati, spesso fuori limite (è buona norma quindi scartare sempre la “prima” acqua facendone scorrere un poco prima dell’utilizzo). Un’importante indagine in merito è stata svolta dall’ISS[6], con l’analisi (sono stati monitorati i parametri ferro, cromo, nichel, piombo, rame e zinco) di 6.000 campioni presso 3.800 utenze tra pubbliche e private, che ha permesso di costituire un’importante banca dati nazionale sulla cessione di metalli in reti di adduzione e distribuzione di acque destinate al consumo umano.
Per quanto riguarda le acque minerali il problema del cromo sostanzialmente non sussiste. Il limite di concentrazione è pari a quello per le acque destinate al consumo umano, ovvero 50 microg/L, ma la presenza di questo elemento è generalmente molto modesta. Una recente indagine[7] su 105 marche prese in esame (oltre 1/3 di quelle in commercio) ha evidenziato come per il cromo solo il 5% dei campioni presenta valori superiori al limite di rilevabilità (da collocarsi tra 0,5 e 2 microg/L in relazione al metodo di analisi impiegato) e tra queste solo tre marche presentano valori che, pur essendo ampiamente dentro i limiti di legge, sono degni di nota in quanto compresi tra 9 e 19 microg/L. Una considerazione particolare va allo storico stabilimento di imbottigliamento di Castelletto d’Orba (AL), (attualmente chiuso) per il cui marchio Sorgente Sovrana veniva riportato in etichetta (vedi Fig.2) un valore di Cr(VI) pari a 0,025 mg/L (25 microg/L), per il quale può essere interessante fare almeno un paio di riflessioni: 1) la concentrazione rientra nel valore di cromo totale, ma nello specifico del Cr(VI) la soglia prevista dalle norme ambientali è di 5 microg/L. Aspetti ambientali e sanitari possono in linea di principio essere trattati con due pesi diversi ma questo del cromo rimane un paradosso normativo, una contraddizione nota da tempo a livello ministeriale su cui si sta attualmente lavorando; 2) non si capisce per quale ragione commerciale il produttore abbia deciso di riportare in etichetta questo parametro, non essendo richiesto dalle norme del settore in quanto elemento non caratterizzante (in traccia).

etichetta acqua con cromo

Fig.2 etichetta dell’acqua minerale Sorgente Sovrana

Esistono diverse tecniche per l’abbattimento del cromo.

In ambito acquedottistico/industriale il metodo convenzionalmente usato per la riduzione  del cromo  esavalente  è  la reazione  con  agenti  riducenti, generalmente solfato di  ferro. Il processo complessivo prevede la reazione di riduzione del Cr(VI) in ambiente acido ed una successiva fase di neutralizzazione dove  si  ha  la  formazione dell’idrossido di cromo insolubile che può essere facilmente rimosso con filtrazione. Le caratteristiche di questo tipo di trattamento sono l’elevata efficacia, il basso costo di trattamento e la semplicità di conduzione del processo, non ci sono sostanzialmente effetti collaterali a parte l’attenzione richiesta al controllo analitico dei reagenti aggiunti. La città di Brescia per esempio ha risolto il problema del cromo presente nella risorsa idropotabile sotterranea utilizzata grazie a questo tipo di tecnologia.
Un’alternativa è offerta dall’utilizzo di resine a scambio ionico, in particolare resine anioniche per la riduzione del Cr(VI) e resine cationiche per il Cr(III). L’efficacia di questa tecnica, che dipende dal pH, dalla presenza di altre specie ioniche e dalla temperatura, è elevata anche se si ha l’inevitabile effetto collaterale della rimozione di altri ioni e, quindi, di un’alterazione significativa delle caratteristiche di composizione dell’acqua.

In ambito domestico le tecniche prima descritte, soprattutto quella basata sulla coagulazione/filtrazione, non trovano applicazione a causa delle difficoltà gestionali richieste in termini di spazi e tempi. La riduzione della concentrazione di cromo presente nell’acqua del rubinetto può aver luogo con l’impiego di tecnologie compatte, di semplice e immediato utilizzo e che non richiedono l’uso di reagenti.
Osmosi inversa – si può ridurre del 95% il cromo presente nell’acqua, con la controindicazione di avere una rimozione generalizzata della salinità;
Caraffe filtranti – presentano una certa efficacia nel ridurre la concentrazione di metalli pesanti grazie alla presenza di resine cationiche; nel caso specifico del cromo la riduzione è modesta aggirandosi intorno al 35%.
Carbone attivato e KDF – l’adsorbimento su carbone attivato, da solo, non è in grado di fornire risultati soddisfacenti nella riduzione di metalli pesanti e quindi nemmeno del cromo. Esistono soluzioni interessanti che prevedono l’aggiunta di un composto rame-zinco che agisce sfruttando reazioni di ossidoriduzione (redox), si tratta del mezzo filtrante noto come KDF (Kinetic Degradation Fluxion), efficace nella rimozione di metalli pesanti e con proprietà batteriostatiche. Esistono in commercio mescole di carbone attivo + KDF in comode cartucce filtranti intercambiabili molto efficienti.

Ricordiamo che nel caso di vendita al consumatore finale, gli impianti, quale essa sia la tecnologia applicata, devono essere corredati della documentazione che descriva funzionamento, efficacia, manutenzione, rischi e limiti applicazione.  I valori indicati nella documentazione devono essere supportati da analisi di laboratorio e non possono fare riferimento a generiche pubblicazioni scientifiche (ad esempio questa)

Limiti di concentrazione

La seguente tabella riporta i limiti di concentrazione previsti da alcuni importanti riferimenti normativi nazionali ed internazionali:

OMS[8] 50 μg/L
EPA[9] 0,10 mg/L
Direttiva 98/83[10] 50 μg/L
D.Lgs 31/2001[11] 50 μg/L
D.M. 29 dicembre 2003[12] 50 μg/L
D.Lgs 152/2006[13] 50 μg/L (5 mg/L per il Cr(VI))

Gennaio 2015


[1] Berbenni Paolo: Significato ed importanza dei parametri chimici. XIII Corso di Aggiornamento in Ingegneria Sanitaria Ambientale – Potabilizzazione delle acque, qualità ed interventi gestionali. Milano 13-17 febbraio 1995
[2] Documento ISPELS , n°4/2008
[3] Gli oligoelementi nella nutrizione e nella salute dell’uomo – WHO 1996
[4] Food Composition and Nutrition Tables, 7th revised and completed edition, Ed. SW Souci, W Fachmann, H Kraut.Wissenschaftliche Verlagsgesellschaft mbH, Stuttgart, 2008.
[5] Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n.152 “Norme in materia ambientale”
[6] Veschetti E, Achene L, Lucentini L, Ferretti E, Citti G, Ottaviani M. Cessione di elementi dalle reti acquedottistiche nell’acqua destinata al consumo umano: evidenze sperimentali per modelli gestionali innovativi di controllo igienico-sanitario. Roma: Istituto Superiore di Sanità; 2009 (Rapporti ISTISAN 09/34).
[7] Elaborazioni effettuate nel 2014 da Giorgio Temporelli e Francesco Mantelli su banche dati ARPAT e Fondazione AMGA
[8] Organizzazione Mondiale della Sanità
[9] Agenzia per la Protezione Ambientale Americana
[10] Direttiva Europea riguardante la qualità delle acque destinate al consumo umano
[11] Decreto Legislativo nazionale, recepimento della Direttiva Europea 98/83
[12] Decreto Ministeriale riguardante la qualità delle acque minerali naturali
[13] Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n.152 “Norme in materia ambientale”