News 07 2015 Antiparassitari e acqua destinata al consumo umano

10 Febbraio 2017

ANTIPARASSITARI: aspetti tossicologici e presenza nelle acque

Con il termine antiparassitari, o pesticidi, si intende un vasto insieme di differenti sostanze, con natura chimica spesso complessa: insetticidi, erbicidi, fungicidi, nematocidi, acaricidi, alghicidi, rodenticidi e sostanze antimuffa; tutti composti di natura organica, e i pertinenti metaboliti, ovvero i prodotti di degradazione e di reazione. A questa estesa famiglia di composti appartengono anche aldrin, dieldrin, eptacloro e eptacloroepossido, sostanze valutate in modo più specifico per la loro maggiore tossicità e, quindi, con valore limite di concentrazione più basso. Si conoscono attualmente oltre 1000 sostanze utilizzate come antiparassitari, solo in Italia sono presenti circa 400 differenti principi attivi. I pesticidi sono utilizzati in agricoltura, per difendere le colture da parassiti (organismi che vivono a spese di altri organismi) e, in generale, da popolazioni molto numerose di insetti che si nutrono di queste piante, nonché da funghi e da erbe infestanti.

Le fonti di assorbimento di antiparassitari sono molteplici, generalmenteuna combinazione tra gli apporti provenienti dall’ambiente, dagli alimenti e dall’acqua.

L’esposizione diretta o indiretta delle persone e dell’ambiente a tali sostanze può avere effetti negativi, quali disturbi cronici e a lungo termine, particolarmente preoccupanti nei bambini, nelle persone anziane e nei lavoratori esposti.

Antiparassitari e composti assimilati costituiscono i più importanti prodotti messi in circolo dall’attività umana con capacità di permanenza nell’ambiente per moltissimi anni.

Gli antiparassitari appartengono alla famiglia dei cosiddetti Interferenti Endocrini, ovvero di quel gruppo molto vasto ed eterogeneo di contaminanti ambientali che si caratterizzano per la capacità di interagire, mediante molteplici meccanismi, con il sistema endocrino dell’organismo umano[1]. Gli antiparassitari sono inquinanti emergenti.

La famiglia dei pesticidi è, come detto, molto vasta per questo non è possibile sintetizzare gli effetti che queste sostanze, ognuna caratterizzata da una propria tossicità, hanno sull’organismo umano, anche perché in genere sono presenti nelle acque e negli alimenti in forma di “cocktail”. Può essere quindi interessante analizzarne uno in particolare, quello che è stato maggiormente usato nel recente passato e ancora oggi in alcune parti del mondo: il DDT (diclorodifeniltricloroetano).

L’analisi rischio/benefici sull’uso dei pesticidi va fatto ricordando ciò che questa sostanza ha prodotto nel tempo sull’uomo e sull’ambiente.

Il DDT, negli anni ’40 e ’50, è stato l’insetticida clorurato più usato, durante laII Guerra mondialedalle truppe Alleate e da certe popolazioni civili per il controllo degli insetti del tifo e della malaria. Intere regioni d’Italia furono irrorate di DDT, per il controllo del tifo trasmesso dallepulci e la lotta alla malaria (che fu completamente debellata), allora presente in alcune zone come ad esempio inMaremma, procurata dallezanzare anofele.

Nel dopoguerra l’uso del DDT si fece sempre più esteso, non solo ai fini di sanità pubblica ma anche come insetticida per proteggere colture agricole e derrate alimentari.

Fig.1 Irrorazione di terreni agricoli con DDT alla fine degli anni ’40

Nel1948 il chimico svizzero Paul Hermann Müller fu insignitocon il Premio NobelinFisiologiaeMedicinaper la “scoperta della grande efficacia del DDT come veleno da contatto contro molti artropodi“, ma già nel1950 laFood and Drug Administrationdichiarò che “con tutta probabilità i rischi potenziali del DDT sono stati sottovalutati” e si cominciarono a porre restrizioni al suo uso.

L’OMS ha stimato che i programmi di controllo e abbattimento della malaria con l’uso del DDT avevano salvato la vita di oltre cinque milioni di persone, tuttavia i rischi dovuti alla sua persistenza ambientale si dimostrarono molto elevati.

Dagli anni ’60, in seguito a dubbi nati in seno alla comunità scientifica e a campagne ambientaliste condotte inizialmente negli Stati Uniti e poi in Europa, l’uso del DDT fu fortemente limitato. La Svezia fu la prima nazione a vietarne l’uso nel 1970, mentre negli Stati Uniti fu messo al bando due anni dopo. Dal 1978 una direttiva europea proibì la commercializzazione e l’uso di prodotti per l’agricoltura contenenti DDT e altri insetticidi organo clorurati; in quell’anno l’uso del DDT venne proibito anche in Italia.

Negli USA campioni di sangue e di tessuto grasso raccolti tra la popolazione nei primianni ’70hanno sempre mostrato livelli misurabili di DDT. Uno studio successivo, realizzato alla fine dello stesso decennio, mostrò che le concentrazioni di DDT nel sangue erano in calo, ma che il DDT e i suoi metaboliti erano ben presenti nel campione.

I principali organi bersaglio sono il sistema nervoso e il fegato. Il DDT ha inoltre effetti negativi a livello dell’omeostasi endocrina, della riproduzione, dello sviluppo fetale e del sistema immunitario. La IARC (International Agency for Research on Cancer) ha classificato il DDT tra i possibili cancerogeni per l’uomo (gruppo 2B).

Molto pericolosa è la formazione di metaboliti, a volte ancor più pericolosi del DDT stesso. Molte specie animali riescono a metabolizzare il DDT (Figura 2) e, mediante eliminazione di una molecola di HCl, generano il DDE (diclorodifenildicloroetano).

Fig.2 Sintesi del DDE a partire dal DDT per sottrazione di una molecola di HCl

Gran parte del DDT accumulato nel tessuto adiposo umano è in realtà il DDE, derivato dalla trasformazione del DDT originariamente presente nell’ambiente. Il DDE è poco biodegradabile, è estremamente solubile nei tessuti adiposi ed è in grado di rimanere nell’organismo per lungo tempo. L’emivita dei sottoprodotti del DDT va da un mese nel ratto a circa 6 anni nell’uomo.

Presenza negli alimenti

Gli alimenti che sono maggiormente colpiti dall’uso di pesticidi sono la frutta e la verdura, a causa del loro impiego diretto in queste colture, ma residui di queste sostanze sono molto diffusi anche nel suolo e nell’acqua.

Un uso intensivo di antiparassitari non esplica soltanto la funzione di protezione dell’oggetto del trattamento stesso ma può contaminare i frutti e gli ortaggi attraverso le foglie e la buccia: le verdure in foglia o quelle con labucciasottile (come i pomodori) sono quelle che in media contengono maggiori residui dipesticidi[2].

Un recente studio promosso da Legambiente[3] mostra un gran numero di generi alimentari non conformi per il contenuto di pesticidi. Nella tabella seguente vengono evidenziati i campioni risultati irregolari perché superanti i limiti massimi di residuo (LMR) stabiliti per le varie colture:

Genere Campioni Irregolari %

VERDURA 2916 26 0,9

insalate* 459 7 1,5

ortaggi da foglia** 224 2 0,9

ortaggi da fusto*** 193 5 2,6

pomodori 447 1 0,2

cereali 285 0 0

legumi 228 1 0,4

zucchine 121 0 0

peperoni 98 0 0

patata 233 1 0,4

carote 122 0 0

altre verdure 506 9 1,8

FRUTTA 2962 21 0,7

mele 558 4 0,7

pere 281 3 1,1

pesche 389 5 1,3

uva 189 3 1,6

fragole 206 0 0

agrumi 617 2 0,3

frutta esotica **** 143 0 0

piccoli frutti***** 57 2 3,5

altra frutta 522 2 0,4

PRODOTTI DERIVATI 1958 2 0,1

oli d’oliva 338 1 0,3

vino 841 0 0

miele 2 0 0

marmellate e confetture 20 0 0

passate di pomodoro 68 0 0

pasta 104 0 0

pane 96 1 1

* lattuga, radicchio, cicoria, rucola, verza, indivia, valerianella, scarola

** cavolo, spinaci, prezzemolo, basilico, salvia e menta

*** sedano, finocchio, asparago

**** ananas, banane, mango, papaia, avocado

***** fragola di bosco, lampone, mirtillo nero, mora di rovo, ribes, uva spina

Tab.1 antiparassitari rilevati in alcuni generi alimentari

Un recentissimo studio di Greenpeace[4] mostra invece che due terzi dei campioni di suolo e acqua prelevati nei meleti europei contengono residui di antiparassitari con livelli di tossicità elevati per l’ambiente e l’uomo.

Presenza nelle acque

Anche l’acqua contaminata assorbita dal terreno contribuisce alla presenza di pesticidi negli alimenti, anche in quelli di natura animale.

La ricerca degli antiparassitari acquista particolare importanza nelle acque superficiali destinate alla potabilizzazione, essendo meno protette di quelle sotterranee. Da parte degli organi di controllo vi è pertanto molta attenzione nella ricerca di queste sostanze in quanto trattasi di prodotti ad alta pericolosità; ad esempio, fra questi il lindano e il metilparathion sono ritenuti cancerogeni, mentre sono mutageni molti composti di differenti tipologie chimiche come lo stesso DDT, il dieldrin, il diclorvos, il malathion e molti altri.

Il rapporto nazionale Ispra[5] sui pesticidi nelle acque riporta i dati relative al biennio 2011-2012. In questo periodo sono state cercate complessivamente 335 sostanze. Nelle acque superficiali sono stati trovati pesticidi nel 56,9% dei 1.355 punti controllati. Nelle acque sotterranee sono risultati contaminati il 31,0 % dei 2.145 punti. Le concentrazioni misurate sono spesso basse, ma il risultato complessivo indica un’ampia diffusione della contaminazione. I livelli sono generalmente più bassi nelle acque sotterranee, ma residui di pesticidi sono presenti anche nelle falde profonde, purtroppo anche in quelle naturalmente protette da strati geologici poco permeabili. Sono state trovate 175 sostanze diverse, un numero più elevato degli anni precedenti. La contaminazione è più diffusa in quelle aree prevalentemente di pianura dove è praticato un intenso utilizzo agricolo e in relazione alle caratteristiche idrologiche del territorio.

Le sostanze che più spesso hanno determinato il superamento dei rispettivi valore limite sono: glifosate, etolaclor, triciclazolo, oxadiazon, terbutilazina e il suo principale metabolita. Nelle acque sotterranee, 152 punti (6,3% del totale) hanno concentrazioni superiori al limite. Le sostanze più frequentemente rinvenute sopra il limite sono: bentazone, metalaxil, terbutilazina e desetil-terbutilazina, atrazina e atrazina-desetil, oxadixil, imidacloprid, oxadiazon, bromacile, 2,6 diclorobenzammide, metolaclor. Fra i principi attivi ricercati non si è pertanto trascurata l’indagine su quelli non più in uso da anni data la persistenza nell’ambiente di alcuni di questi, come i derivati triazinici.

Fig.3: Irrorazione di pesticidi alla vegetazione di una spiaggia caraibica

Va detto inoltre che con il progredire del monitoraggio nel corso degli anni si osserva un aumento della frequenza di pesticidi nei campioni, sia nelle acque superficiali sia in quelle sotterranee; tale crescita è concomitante all’aumento delle frequenze e dell’efficacia delle analisi specifiche.

Nelle acque destinate al consumo la probabilità di trovare queste sostanze è maggiore rispetto alle acque minerali naturali, data l’ubicazione di molti giacimenti in aree protette ed isolate; tuttavia vi sono acquiferi localizzati in aree di pianura e collinari, per cui il controllo di queste sostanze in tali ambienti può assumere un importante significato. Per le acque sottoposte a trattamenti di potabilizzazione è stata dimostrata la formazione di una serie di prodotti di reazione dovuti all’interazione tra l’ossidante e il pesticida[6]. Cloro, monocloammine, biossido di cloro, ozono, permanganato di potassio, perossido di idrogeno e radiazione UV, utilizzati in ambito acquedottistico, sono in grado di interagire ed ossidare i pesticidi: oltre il 40% ha dimostrato un’elevata reattività con produzione di sottoprodotti di degrado, i cui effetti sulla salute umana sono in fase di studio.

Tecniche di rimozione

Le tecnologie a membrana (nanofiltrazione e osmosi inversa) sono efficaci nella rimozione dei pesticidi tuttavia, siccome la maggior parte di queste sostanze è idrofobica, è facilmente removibile attraverso l’adsorbimento; per questo motivo i carboni attivi rappresentano la soluzione più semplice ed efficace nel trattamento delle acque contaminate da antiparassitari.

In ambito domestico i filtri contenenti carbone attivo, dalle semplici caraffe ai più professionali dispositivi di trattamento collegati alla rete idrica, risultano efficaci. Occorre, come sempre, fare molta attenzione alla sostituzione periodica degli elementi filtranti onde evitare il rilascio “a pacchi” dell’inquinante dopo la saturazione.

In ambito acquedottistico risulta molto efficace il dosaggio di carbone attivo in polvere[7] in fase di chiariflocculazione[8], tecnica che consente di rimuovere peraltro anche gran parte della materia organica (NOM = Natural Organic Matter).

Alcuni studi[9] hanno dimostrato l’efficacia del trattamento combinato di carbone attivo in polvere con resine anioniche. Le resine, pur non avendo un’efficacia diretta nella rimozione dei pesticidi si sono dimostrate molto utili in quanto in grado di trattenere la materia organica ad alto peso molecolare, che può causare un repentino intasamento dei pori del carbone, migliorandone così le prestazioni nel tempo.

Limiti di concentrazione

Un’acqua è pura in relazione ad un termine di confronto perché gli ordinari contaminanti dovuti all’attività dell’uomo o di origine naturale sono presenti nell’aria, nel suolo e nelle acque, anche nelle aree più remote e nelle quantità più diverse. Un contaminante è una sostanza che può essere dannosa per la salute umana in relazione alla quantità che viene assunta. Un’acqua presenta quindi i requisiti di purezza se le sostanze indicate nelle tabelle di legge sono in concentrazione inferiore ai rispettivi limiti indicati.

Nelle acque i pesticidi si trovano normalmente con concentrazioni molto basse, dell’ordine dei ng/L[10], per cui il monitoraggio di queste sostanze richiede tecniche estremamente sensibili ed avanzate, che non tutti i laboratori possono permettersi. I centri che effettuano il monitoraggio dei microinquinanti organici sono dotati di HPLC (High Performance Liquid Chromatography) che è considerata, oggi, la tecnica cromatografica più efficace. L’accoppiamento di un HPLC con uno spettrometro di massa (MS) consente inoltre di ottenere dettagliate informazioni qualitative e quantitative sui componenti della miscela analizzata; rappresentando attualmente la migliore soluzione tecnologica per la rivelazione di questi composti nelle acque.

Fig.4: HPLC-MS in uso presso un laboratorio di analisi per le acque destinate al consumo umano

Di seguito le concentrazioni massime ammesse per i pesticidi nell’acqua:

OMS[11] sono suggeriti valori guida per alcuni pesticidi

US EPA[12] sono stabiliti valori limite per le singole sostanze

Direttiva 98/83[13] e D.Lgs 31/2001[14]

Insetticidi, erbicidi, fungicidi, nematocidi, acaricidi, alghicidi e rodenticidi di natura organica, prodotti connessi e i pertinenti metaboliti, prodotti di degradazione e di reazione 0,10 mg/L
Aldrin, dieldrin, eptacloro, eptacloro epossido (singoli composti) 0,03 mg/L

D.M. 10 febbraio 2015[15]

Insetticidi, erbicidi, fungicidi, nematocidi, acaricidi, alghicidi, rodenticidi, prodotti connessi e i pertinenti metaboliti, prodotti di degradazione e di reazione (singolo composto) 0,05 mg/L
Aldrin, dieldrin, eptacloro, eptacloro epossido (singoli composti) 0,01 mg/L


[1]AA.VV. “ Interferenti endocrini nelle acque destinate al consumo umano” Franco Angeli, 2011
[2] Un motivo in più per sciacquare bene o sbucciare gli alimenti prima del consumo: a parte i pesticidi sistemici, che attraversano la buccia e penetrano all’interno della polpa, la maggior parte degli interferenti rimane infatti concentrato sulla scorza esterna.
[3] Fonte: Elaborazione di Legambiente su dati Arpa e Dipartimenti regionali per le attività sanitarie
[4] “Tossico come un pesticida – Gli effetti sulla salute delle sostanze usate in agricoltura” Rapporto Greenpeace, maggio 2015
[5] Ispra 208/2014
[6] Pesticide Degradates in Water Treatment: Oxidative Formation and Partitioning Parameter Estimation – Water Research Foundation, 2011
[7] Water 21 (Magazine of the International Water Association), February 2008
[8] Questa pratica è utilizzata anche in alcuni impianti di potabilizzazione genovesi, non tanto per la rimozione dei pesticidi , problema non rilevante in queste acque, quanto per ridurre la concentrazione di NOM
[9] NOM and pesticides removal using a combination of ion excange resin and powdered activated carbon (PAC) – Water Research 42 (2008) 1635-1643
[10] 1 ng/L = 1 ppt, ovvero 1 parte su 1000 miliardi
[11] Organizzazione Mondiale della Sanità
[12] Agenzia per la Protezione Ambientale Americana
[13] Direttiva Europea riguardante la qualità delle acque destinate al consumo umano
[14] Decreto Legislativo nazionale, recepimento della Direttiva Europea 98/83
[15] Decreto Ministeriale riguardante la qualità delle acque minerali naturali