Parametri non contemplati dal D.Lgs 31/2001
La legislazione che regolamenta la qualità delle acque destinate al consumo umano è uno scenario in continua evoluzione, che si aggiorna in funzione del cambiamento di numerosi parametri, in particolare dall’evoluzione:
- delle conoscenze scientifiche circa l’impatto della qualità dell’acqua potabile sulla salute umana, dalle quali derivano gli aggiornamenti alle linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità
- delle tecnologie di indagine, ossia nuove e più sofisticate strumentazioni che permettono di individuare sostanze presenti nell’acqua in concentrazioni sempre più piccole
- dei processi di trattamento dell’acqua potabile in ambito acquedottistico
- della legislazione nazionale ed europea in campo ambientale
Gli standard di qualità dell’acqua potabile sono stabiliti, a vari livelli, dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), dall’ente di protezione ambientale americano (EPA), dalla Comunità Europea e dagli stati membri. Nel nostro Paese la legge di riferimento è il D.Lgs 31/2001, che prevede il controllo ed il rispetto di 54 parametri (57 per le acque confezionate), così suddivisi:
- 2 parametri microbiologici (5 per le acque confezionate); si tratta di ceppi batterici per i quali sono fissati limiti imperativi di concentrazione
- 28 parametri chimici riguardanti elementi indesiderabili e tossici, di origine naturale o antropica, la cui presenza nelle acque destinate al consumo umano può nuocere alla salute pubblica e per i quali quindi sono fissati limiti imperativi di concentrazione (salvo concessione di deroghe)
- 21 parametri indicatori, che sono definiti tali perché non si tratta di inquinanti chimici, bensì di parametri che indicano le qualità organolettiche, le caratteristiche chimico-fisiche, oppure possono fungere da “segnalatori” della presenza nell’acqua di altri elementi di provata pericolosità
- 3 parametri di radioattività, per tutelare la salute umana dalla presenza nelle acque di elementi radioattivi, siano essi di origine naturale o artificiale
Ovviamente nell’acqua sono presenti anche molte altre sostanze, alcune innocue altre tossiche, che in genere non presentano un potenziale pericolo per la salute umana perché in concentrazioni modestissime. Quando nell’acqua vengono rilevate sostanze indesiderate non previste dal D.Lgs 31/2001, in concentrazioni considerevoli, emergono particolari difficoltà gestionali perché:
- la verifica di tali elementi non è prevista dai monitoraggi di routine effettuati dagli organi di controllo
- occorre mettere a punto, in tempi brevi, tecniche di rimozione su scala acquedottistica che si rivelino efficaci nei confronti della sostanza (o del gruppo di sostanze) specifica.
Generalmente la presenza di eventuali sostanze anomale nell’acqua viene identificata a seguito dei monitoraggi ambientali periodici, che vengono effettuati obbligatoriamente per la determinazione dello stato di salute di un corpo idrico; tali controlli prevedono la ricerca di numerosi parametri, differenti a seconda che si tratti di acque superficiali o sotterranee, come stabilito dal D.Lgs 152/2006 (Norme in materia ambientale). In caso di presenza di sostanze inquinanti non previste dal D.Lgs 31/2001 partono specifiche attività di ricerca, che vedono coinvolti anche enti quali IRSA e CNR, allo scopo di definire l’origine e l’entità dell’inquinamento, nonché le misure da intraprendere per la tutela della salute pubblica. E’ quanto è successo recentemente in Toscana con il tallio e nel Veneto con i PFAS. Di seguito la mappa che riporta la presenza, a livello nazionale, di elementi indesiderabili nelle acque destinate al consumo umano secondo una ricostruzione dell’ISS relativa a casi di contaminazione nel periodo 2009-2016 (Lucentini, 2017).
Una problematica diffusa a livello nazionale, che si manifesta in forma differente da regione a regione. Tutti questi casi sono accomunati dalla presenza di sostanze indesiderabili nell’acqua destinata al consumo umano, alcune non previste dal D.Lgs 31/2001, per le quali si cerca di far fronte con misure eccezionali, altre (come il ben noto problema dell’arsenico nel viterbese) portano all’erogazione dell’acqua in regime di deroga. Per fortuna la tecnologia mette a disposizione elementi filtranti in grado di rimuovere queste sostanze, basta rivolgersi agli esperti del settore, alle ditte specializzate, per l’installazione in ambito domestico del dispositivo più adeguato e poter così continuare a bere, in tutta sicurezza, l’acqua del rubinetto.