Parametri non contemplati dal D.Lgs 31/2001

22 Giugno 2017

La legislazione che regolamenta la qualità delle acque destinate al consumo umano è uno scenario in continua evoluzione, che si aggiorna in funzione del cambiamento di numerosi parametri, in particolare dall’evoluzione:

Gli standard di qualità dell’acqua potabile sono stabiliti, a vari livelli, dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), dall’ente di protezione ambientale americano (EPA), dalla Comunità Europea e dagli stati membri. Nel nostro Paese la legge di riferimento è il D.Lgs 31/2001, che prevede il controllo ed il rispetto di 54 parametri (57 per le acque confezionate), così suddivisi:

Ovviamente nell’acqua sono presenti anche molte altre sostanze, alcune innocue altre tossiche, che in genere non presentano un potenziale pericolo per la salute umana perché in concentrazioni modestissime. Quando nell’acqua vengono rilevate sostanze indesiderate non previste dal D.Lgs 31/2001, in concentrazioni considerevoli, emergono particolari difficoltà gestionali perché:

Generalmente la presenza di eventuali sostanze anomale nell’acqua viene identificata a seguito dei monitoraggi ambientali periodici, che vengono effettuati obbligatoriamente per la determinazione dello stato di salute di un corpo idrico; tali controlli prevedono la ricerca di numerosi parametri, differenti a seconda che si tratti di acque superficiali o sotterranee, come stabilito dal D.Lgs 152/2006 (Norme in materia ambientale). In caso di presenza di sostanze inquinanti non previste dal D.Lgs 31/2001 partono specifiche attività di ricerca, che vedono coinvolti anche enti quali IRSA e CNR, allo scopo di definire l’origine e l’entità dell’inquinamento, nonché le misure da intraprendere per la tutela della salute pubblica. E’ quanto è successo recentemente in Toscana con il tallio e nel Veneto con i PFAS. Di seguito la mappa che riporta la presenza, a livello nazionale, di elementi indesiderabili nelle acque destinate al consumo umano secondo una ricostruzione dell’ISS relativa a casi di contaminazione nel periodo 2009-2016 (Lucentini, 2017).

Una problematica diffusa a livello nazionale, che si manifesta in forma differente da regione a regione. Tutti questi casi sono accomunati dalla presenza di sostanze indesiderabili nell’acqua destinata al consumo umano, alcune non previste dal D.Lgs 31/2001, per le quali si cerca di far fronte con misure eccezionali, altre (come il ben noto problema dell’arsenico nel viterbese) portano all’erogazione dell’acqua in regime di deroga. Per fortuna la tecnologia mette a disposizione elementi filtranti in grado di rimuovere queste sostanze, basta rivolgersi agli esperti del settore, alle ditte specializzate, per l’installazione in ambito domestico del dispositivo più adeguato e poter così continuare a bere, in tutta sicurezza, l’acqua del rubinetto.