Osmosi inversa e fenomeni di retrocontaminazione di carica batterica
Gli impianti di trattamento dell’acqua potabile, osmosi inversa compresa, rimuovono il cloro presente nell’acqua di rete rendendola esposta alla crescita di carica batterica e di microrganismi in genere. E’ una questione di non poco conto, anzi in alcuni casi può essere una questione assai seria.
Osmosi inversa e carica batterica: i punti critici per la retrocontaminazione
La carica batterica, in assenza di clorocopertura, o comunque di una protezione specifica a temperatura ambiente di 22 °C, in acqua ferma e in presenza di alimenti, si duplica ogni 29 minuti. Notoriamente si indica nel rubinetto di erogazione la possibile intrusione della carica batterica che risale i condotti dell’impianto per poi annidarsi in tutte le zone dove l’acqua scorre poco o è addirittura ferma.
Punti critici sono gli organi elettromeccanici come i pressostati, le valvole di erogazione o anche i semplici raccordi rapidi. Proprio per questo gli impianti costruiti con competenza, presentano il minimo possibile di punti critici a valle delle membrane. Il mito della membrana come barriera assoluta contro batteri e virus e microrganismi in generale deve essere comunque sfatata. Se è vero che il film di cui è costituita la membrana ha una porosità sotto i 20 miliardesimi di millimetro ed è quindi una barriera efficace, è anche vero che Vessel, tenute, ed OR non hanno lo stesso grado di affidamento.
Spesso l’acqua osmotizzata viene miscelata con parte dell’acqua in ingresso, filtrata oppure direttamente dall’acquedotto. Questa pratica serve a correggere un residuo fisso a volte troppo basso e non adatto per un acqua destinata al consumo umano. Anche in questo caso i filtri possono essere oggetto ci retrocontaminazione, soprattutto se di cattiva qualità.
Ci interessa qui porre l’attenzione su un aspetto molto delicato e allo stesso tempo poco preso in considerazione: lo scarico dell’acqua di scarto nella rete fognaria. La normativa attuale, che di fatto non è più un regolamento tecnico, impone comunque la presenza di una valvola di non ritorno sul tubo di scarico, proprio per impedire una possibile e grave contaminazione attraverso lo scarico.
E’ vero che le membrane fanno da barriera, ma vale quanto detto poc’anzi. Le valvole di non ritorno sono comunque deboli e non rappresentano certo una barriera efficace contro la retrocontaminazione. Di fatto è il continuo lavaggio dei condotti dall’acqua di scarto che tiene pulito e impedisce fenomeni di contaminazione. Ci teniamo a sottolineare che nel caso l’acqua di scarto sia miscelata al permeato (come ci è capitato di vedere in alcuni impianti !!!!) il rischio di contaminazione batterica è elevato.
Abbiamo applicato la nostra tecnologia UV LED agli impianti ad osmosi inversa per ridurre il rischio di retrocontaminazione.
L’uscita del permeato è oggi protetta da un firewall che impedisce il passaggio “lento” di un’eventuale contaminazione batterica. I Led emettono luce UV nello spettro C ad una lunghezza intorno ai 260 nm con una potenza irradiante di 1 watt.
L’uscita dello scarto è anch’essa protetta con la stessa tecnologia. Le boccole sono in Teflon (PTFE neutro) in quanto uno dei pochi materiali non fragile e permeabile alla luce UV.
La luce UV led è fredda, l’acqua non si scalda e non ci sono rischi di alterazione del sapore.
La durata di vita dei led è di 6 anni, la manutenzione e la loro sostituzione è semplicissima.
Non si tratta di rivoluzione ma sicuramente di un passo avanti nel realizzare impianti sempre più sicuri con le protezioni necessarie verso rischi e punti deboli delle apparecchiature.
I test che abbiamo condotto sui nostri dispositivi UV LED hanno dimostrato la loro efficacia nel creare un firewall contro i fenomeni di retrocontaminazione attraverso i tubi dell’acqua (pieni o vuoti che essi siano).
Per maggiori informazioni sulla nostra tecnologia UV spider rimandiamo ad articoli specifici o alla pagina prodotto