Erogatori acqua potabile trattata e analisi di controllo: è obbligatoria?

9 Settembre 2019

Una domanda ricorrente per chi opera nella ristorazione e non solo  con erogatori acqua potabile trattata. Una domanda che così formulata dice ben poco. Proviamo a scriverla in diversi modi per meglio capire il tema.

Quale frequenza di analisi  impone la normativa vigente per gli erogatori d’acqua potabile trattata?

Oppure

Quale è la frequenza di analisi necessaria per monitorare in maniera efficace un impianto di trattamento dell’acqua potabile al punto d’uso?

Evidentemente si tratta di due questioni diverse che però trovano un punto comune, ossia la tutela del rischio sanitario per il consumatore.

Analizziamo il primo quesito.

Cosa dice la legge per gli erogatori d’acqua potabile al punto d’uso

Il Decreto Legislativo 31/2001  per il nostro settore si esprime in maniera non chiara, lascia un ombra di interpretazione dove afferma che sotto il 100 mc/anno la frequenza deve essere maggiore di zero. Un matematico amante dei numeri naturali N dirà che il valore deve essere necessariamente 1, visto l’impossibilità di fare frazioni di analisi…

L’allegato I del DL 31/2001 definisce una serie di parametri chimici e biologici da analizzare, per le acqua non confezionate i parametri di riferimento cogenti sono Enterococchi ed Escherichia coli.  Nelle avvertenze del Decreto sono indicati una serie di parametri più estesi che possono essere richiesti a discrezione dell’autorità sanitaria competente. L’allegato II e III sono stati modificati dal DM del 9 giugno 2017 e lo vediamo a seguire, per non perdere l’ordine cronologico.

Il Regolamento Europeo 852 che rende organico il sistema HACCP ben definisce il tema dell’autocontrollo.  Ossia è l’operatore del settore alimentare OSA  che individua i fattori di rischio, definisce le operazione di monitoraggio del rischio e quindi anche delle azioni correttive. Non è previsto nessun obbligo se non garantire la salubrità degli alimenti, l’acqua destinata al consumo umano è a tutti gli effetti un alimento.

Il DM25 del 2012 e le successive Linee Guida non danno un valore di riferimento, ma ricordano che il rischio sanitario deve essere tenuto sotto controllo da chi produce vende e installa gli impianti di trattamento dell’acqua potabile al punto d’uso.

Le aziende che producono, vendono, installano, devono definire un protocollo di installazione manutenzione e controllo tale da non generare rischi sanitari.

Il DM25 così come il regime di autocontrollo, non entrano nel dettaglio di quante analisi dell’acqua vanno fatte durante l’anno perché ogni dispositivo, ogni installazione, ha una storia a se, e non sarebbe possibile pubblicare un regolamento tecnico per tutti gli impianti e situazioni esistenti. Dicono in maniera semplice: chi meglio di chi produce vende o installa conosce le problematiche ed i possibili rischi ? a loro il compito di definire  frequenze e campionamenti.

Il Decreto Ministeriale del 14 giugno 2017 recepisce la direttiva Europea 1787, che sostituisce gli allegati II e III del vecchio DL 31/2001.  Anche in questo caso non viene definita una frequenza minima, ma ribadisce in maniera chiara che le ASL hanno facoltà di imporre frequenze di campionamento a seconda dei vari contesti in cui operano i diversi impianti. Nel Decreto vengono definiti i parametri di ricerca nei controlli di routine:  Escherichia coli (E. coli), batteri coliformi, conta delle colonie a 22°C, colore, torbidità, sapore, odore, pH, conduttività;

Da quanto esposto è chiaro che NON esiste per legge una frequenza minima obbligatoria per analizzare l’acqua erogata dagli impianti di trattamento acqua.

Ma… ciò non significa che non bisogna farla, anzi sono gli operatori del settore che meglio conoscono le problematiche di installazione e conduzione degli erogatori di acqua potabile trattata che devono studiare e definire come e quando fare campionamenti di verifica della qualità dell’acqua erogata.

La responsabilità legale dell’acqua potabile trattata degli erogatori al punto d’uso e la necessità di analisi

La responsabilità legale degli alimenti forniti, compresa l’acqua potabile, è propria del responsabile OSA, dove vige l’HACCP e dove assente del conduttore dei locali in cui è installato l’erogatore (che ha il compito di redigere un Piano della Sicurezza ). Questo dice la legge

Le aziende che propongono, vendono, installano e fanno manutenzione, hanno il compito di informare in maniera adeguata le figure di riferimento consigliando al meglio la frequenza di campionamenti necessaria.

Questo per due motivi principali

Il nostro consiglio è di procedere almeno una volta l’anno all’analisi dell’acqua erogata, meglio non a ridosso della manutenzione appena fatta ma nella parte terminale del ciclo di vita che intercorre tra un cambio filtri e l’altro. Questo perché analizzare a ridosso della manutenzione, evidenzia la correttezza della sanifica eseguita, ma dice poco del periodo reale di lavoro. Nel caso di problematiche insorte, la frequenza ed il numero di analisi può variare decisamente. Esempio, dopo una analisi alcuni parametri non corrispondono a quanto previsto dalla norma, si procede  a sanifica e quindi nuovo campionamento. Che se negativo -ossia nessun parametro fuori norma- permette di archiviare la pratica.

Le analisi periodiche fatte debbono essere sempre conservate nel registro di impianto, dove sono presenti tra l’altro il registro degli interventi e le dichiarazioni di conformità.