Mineracqua contro Soda Stream, i rischi per il nostro settore
E’ di questi giorni la notizia che il tribunale di Treviso ha condannato nuovamente la multinazionale Soda Stream, oggi di proprietà della Pepsi Cola, per pubblicità ingannevole intimando la cessazione delle campagne pubblicitarie a mezzo video posti sui circuiti media e sui social media.
Le ragioni di Mineracqua
Il tribunale ha quindi dato ragione a Mineracqua che ha intentato la causa dato che si tratta “di pubblicità ingannevole, fuorviante, lesiva della concorrenza e gravemente pregiudizievole all’immagine dell’acqua minerale naturale e delle imprese che la imbottigliano”.
Le motivazioni della sentenza sono pericolose per il nostro settore, sopratutto per quelle aziende che fanno leva sugli aspetti negativi del confezionamento dell’acqua nelle bottiglie di plastica. Leggiamo:
l tribunale pur ritenendo che “il sistema di gasatura commercializzato da Sodastream sembra collocarsi in un settore merceologico differente rispetto alla produzione e alla vendita di acqua minerale naturale”, ha ravvisato “un rapporto di concorrenza diretta con i prodotti e le attività delle imprese federate in Mineracqua poiché vi è una sostanziale identità del bisogno del consumatori che essi si prefiggono di soddisfare”. Sussiste, insomma, a parere dei giudici, “un rapporto di concorrenzialità fra prodotti tutte le volte in cui essi siano, agli occhi dei consumatori, dei beni succedanei: sono quindi in concorrenza i beni che possono sostituirsi l’uno all’altro nel consumo, o nella produzione, dando risultati più o meno vicini tra di loro”. Il fatto che non ci siano riferimenti diretti o indiretti ad un marchio non modifica la questione in quanto:
“E’ evidente invece l’allusione implicita al bene rappresentato dalle acque minerali imbottigliate, se non altro per le innumerevoli rappresentazioni visive di bottigliette da mezzo litro trasparenti”, ha scritto il tribunale. Nel caso dei tre video abbiano “screditato il mondo delle industrie delle acque minerali, veicolando il messaggio di un nesso inscindibile tra la moltitudine di plastica e l’acquisto di bottiglie di acqua e l’inquinamento indiscriminato di ogni area della Terra”.
I rischi per il settore del trattamento acqua al punto d’uso
Le motivazioni sono pesanti e devono far ragionare bene sul tipo di comunicazione che si intende effettuare. La strategia di comunicazione e il posizionamento del nostro prodotto deve essere fatto ragionando su rischi e opportunità.
Al momento appare ovvio che i colossi delle Acque minerali e la loro associazione non andranno in causa con il piccolo installatore di provincia che gestisce, vende o noleggia qualche centinaio di impianti per il trattamento acqua. Ma… una porta è stata aperta e bisogna fare attenzione a cosa si dice e come lo si dice.
Di fatto per i giudici di Treviso, il nostro prodotto non è equiparabile all’acqua minerale. Questo già lo sapevamo in maniera chiara conoscendo i fondamenti legislativi completamente diversi e non c’era bisogno di una sentenza di un tribunale per chiarirlo. Il punto è che nella comunicazione non è possibile accostare le due classi merceologiche e metterle in concorrenza tra loro.
Cosa vuol dire precisamente? Significa che non è possibile accostarle per screditarne una a vantaggio dell’altra. Sono due prodotti totalmente diversi.
C’è da aspettarsi l’utilizzo strumentale al limite del temerario nei confronti di chi proporne sistemi di trattamento dell’acqua potabile al punto d’uso. Il consiglio è quindi di concentrare le energie nella comunicazione alla propria clientela esaltando le virtù dell’acqua potabile trattata ed evitando il più possibile il confronto tra le due classi merceologiche, soprattutto quando lo scopo è di screditarne una al posto dell’altra.
Ad esempio la nostra campagna 2019 “non abbandonarmi” potrebbe essere attaccata….ma non basta una sentenza dei Giudici di Treviso per tarpare le ali ad un settore in fortissima espansione.
Questo è un altro capitolo dell’eterna lotta tra le acque minerali e il nostro settore.