Acqua potabile trattata , come affrontare la carica batterica senza ricorrere ai toccasana “miracolosi”
Il trattamento dell’acqua potabile per definizione non può e non deve peggiorare le qualità intrinseche dell’acqua già potabile.
Il trattamento al punto d’uso ha lo scopo di rendere l’acqua disponibile migliore nelle sue caratteristiche organolettiche, a ridurre sostanze indesiderate e in alcuni casi a rendere l’acqua con caratteristiche chimico fisiche desiderate. Volutamente non entriamo nel tema (che non ha risposta) dell’acqua perfetta per l’alimentazione umana, ma nello stesso tempo lo chiudiamo rivendicando che ognuno è libero di scegliere nel rispetto delle norme e soprattutto della corretta informazione.
Veniamo al tema oggetto dell’articolo. Trattare l’acqua già potabile per migliorarla pone due rischi non banali da tenere sempre bene a mente. Il primo è di non far migrare o portare in soluzione nell’acqua sostanze nocive e dannose per la salute umana i materiali a contatto compresi i sistemi di filtrazione non devono rilasciare sostanze pericolose. (Il tema verrà sviluppato in successivi articoli)
Il secondo punto riguarda il rischio di crescita microbica nociva per la salute umana. E’ un tema sicuramente delicato.
Origini della carica batterica nei sistemi di trattamento al punto d’uso
La carica batterica all’interno di un sistema di trattamento può avere origini diverse, principalmente sono legate alla qualità dell’acqua in ingresso, e a tutti i punti di contatto con l’esterno, rubinetti, erogatori uscite in genere, senza dimenticare gli scarichi se presenti.
La presenza di una clorcopertura nell’acqua di rete non è per cattiveria o complicità con le acqua confezionate, ma risponde alla necessità di impedire lo sviluppo e crescita microbica nell’acqua distribuita dall’acquedotto. La quantità di clorocopertura presente in Italia è generalmente bassa e sufficiente, anche se ai molti, non ostante la bassa quantità, rende l’acqua antipatica al consumo.
Attenzione l’acqua potabile di rete non presenta rischi sanitari legati alla carica batterica, ma ciò non vuol dire che non ci sia. Attenzione, l’acquedotto garantisce la qualità al contatore principale e non è detto (anzi…) che non ci sia un deterioramento nella rete distributiva condominiale o domestica.
Quando andiamo a rimuovere il cloro con i nostri sistemi di filtrazione, l’acqua diventa nuovamente un terreno fertile per la crescita di microrganismi. Da qui la necessità di utilizzare sistemi di filtrazione che abbiamo una capacità di prevenire, ridurre o abbattere la carica batterica.
In questo caso si possono utilizzare sistemi meccanici, chimici o fisici.
Con filtri meccanici sotto i 0,5 micron abbiamo già fatto un passo avanti per impedire la contaminazione batterica. I filtri Precoated a 0,5 micron hanno una lunga storia di successo. Altra soluzione è l’utlizzo di membrane in polisulfone che hanno un grado di filtrazione ancora più avanzato, sotto i 0,1 micron. I filtri in Ceramica sono anch’essi un valido strumento
I sistemi chimici agiscono generalmente con ioni metallici (ad esempio aregento Ag +)che impediscono al duplicazione cellulare. Il tempo medio di vita dei batteri è molto basso, la presenza di ioni metallici stabilizza il sistema del tempo, è batteriostatico e non battericida. Ossia impedisce la crescita ma non il passaggio. Esempio per chiarire il concetto. Se nel filtro entrano 100 UFC di un determinato ceppo batterico ed escono immediatamente, tanti erano e tanti restano. Se entrano e rimangono per x tempo, non sono in grado di svilupparsi e se il tempo è sufficientemente lungo scompaiono. (lo abbiamo verificato sui nostri filtri Water Pro AG, dopo 48 ore di permanenza l’acqua esce sterile)
Il debatterizzatore a raggi UV nello spettro C, se adeguatamente dimensionato e mantenuto è una garanzia sulla qualità in uscita dal sistema di filtrazione. Abbiamo scritto mantenuto in grassetto perchè è un tema su cui non si presta mai la dovuta attenzione. Le camice in quarzo ad esempio tendono ad opacizzarsi e devono essere costantemente pulite, non farlo significa ridurre o annularne l’efficacia. La dose di radiazione deve essere sufficiente per garantire al passaggio la sterilità dell’acqua.
Fin qui abbiamo parlato del rischio di contaminazione legato all’ingresso di batteri dalla rete idrica, un altro punto rischio è la retrocontaminazione dell’erogazione. sia esso un rubinetto o il beccuccio di un dispenser o fontanella che sia.
La retrocontaminazione interessa generalmente la parte finale dell’impianto e l’azione di contrasto può essere svolta in fase progettuale, consistemi fisici o con barriere meccaniche. L’utilizzo di radiazione UVC tramite LED, con basse potenze hanno comunque la capacità di fornire una dose sufficiente quando il tempo è elevato, quindi possono dare un contributo al tema della retro contaminazione ma non della sterlizzazione dell’acqua al passaggio. Le barriere meccaniche con membrane cave sono utilizzate su acque liscie e devono comunque essere sempre mantenute, net tempo tendono ad occludersi. Non possono essere utilizzate negli erogatori di acqua frizzante.
La manutenzione periodica e l’utilizzo di protocolli validati con il giusto prodotto per il corretto tempo di contatto sono un elemento fondamentale per il contrasto della carica batterica. Le aziende devono formare e comunicare in maniera adeguata su questo tema.
Un altro aspetto non secondario è l’approccio di progetto dell’impianto. Deve essere concepito sia per ridurre al minimo le zone di morta dove l’acqua ristagna, sia per fare la manutenzione e la sanificazione in maniera più profonda possibile. In passato ma anche recentemente ci è capitato di vedere mostrosuità che non fanno bene al nostro settore. Per citarne alcune: impianti ad osmosi inversa che miscelano lo scarto con il permeato, scelta bislacca di persè , ma pericolosa soprattutto perchè lo scarto ha un contatto diretto con l’acqua che va nella fogna… Filtri con etichette del tutto mendaci, con grado di filtrazione meccanica lontanissime da quanto dichiarato…e ci fermiamo qua per quieto vivere….
L’azione di contrasto alla carica batterica non può essere il frutto di una invenzione miracolosa. Il componente X, come il materiale Y. Ad oggi l’umanità non ha ancora sviluppato una tecnologia sufficiente in tale senso. Capita ogni tanto di ascoltare l’inventore di turno che con poche cognizioni scientifiche, storiche e con poca propensione alla sperimentazione e all’analisi di laboratorio se ne esce con il toccasana geniale. La più ricorrente che mi tocca ascoltare è il materiale miracoloso che uccide i batteri al passaggio. Un “inventore” rivendicava di aver scoperto che utilizzando i tubi in rame, l’acqua era sterile, un altro ancora che con plastiche caricate con ioni d’argento o similari si debellava il problema. Poca sostanza …
Al contrario possiamo affermare che la tecnica e la scienza moderna hanno messo a punto una serie di conoscenze sufficienti a ridurre enormemente il rischio di proliferazione batterica nell’acqua di rete (compresi i sistemi al punto d’uso). Sono azioni di contrasto che lavorano sempre su diversi fronti ma che sono in grado di fornire acqua buona sana e senza rischio per la salute umana